Il Presidente Onorario di AUDIS Dionisio Vianello ha di recente pubblicato questo articolo su il Quotidiano Immobiliare. Lo riproponiamo volentieri anche sul nostro sito come contributo alla discussione sul tema dell'urbanistica e delle rigenerazione urbana dopo l'avvento del nuovo governo.
di Dionisio Vianello
Non si può dire che sia una novità, anzi è sempre successo così. Prima delle elezioni tutti gli aventi causa entrano in fibrillazione, organizzano convegni, predispongono documenti con i desiderata da consegnare a chi vincerà le elezioni. Nemmeno gli urbanisti, categoria eletta, sfuggono a questo rituale.
Così nella fase pre-elettorale si è assistito ad un pullulare di iniziative, culminato con il mega convegno INU-SIU-CENSU – come a dire il Gotha della categoria – che dopo una approfondita e puntuale analisi della situazione indicava obiettivi e proposte per un aggiornamento – in qualche caso anche una radicale trasformazione - della disciplina. Ultimamente l’INU ha cercato di tirare le fila del dibattito proponendo uno schema di nuova legge urbanistica.
La rispondenza politica è stata nulla. L’urbanistica è stata la grande assente nella campagna elettorale. Solo le tematiche ambientali hanno trovato qualche eco nei dibattiti politici, ma più che altro a livello di slogan.
La vittoria del centro destra, peraltro prevedibile, ha messo fuori dalla stanza dei bottoni la sinistra parlamentare che nei tempi passati era sempre stata l’interlocutore privilegiato della galassia urbanistica. Peraltro con scarsi risultati, visto che la tanto invocata revisione della legge urbanistica fondamentale 1089/1939 dopo più di 80 anni rimane ancora un sogno irrealizzato.
Con la vittoria delle destre si è venuta a creare una situazione completamente nuova, anche se non inaspettata, che ha messo in crisi il mondo ufficiale dell’urbanistica. Il vecchio e collaudato rapporto con la sinistra politica non esiste più. Verso il nuovo c’è un sentiment di attesa guardinga e di diffusa preoccupazione. Anche perché da parte del nuovo governo, sopraffatto da immani problemi esterni ed interni, non arriva il benchè minimo segnale.
Le associazioni di categoria sono incerte sulla posizione da prendere, decisione non facile perché implica un cambio radicale, ritirarsi sull’Aventino –linea rafforzata dalla vittoria della Schlein- oppure instaurare un minimo di collaborazione con il centro destra verificandone la disponibilità.
Nel frattempo il mondo continua a camminare, e non certo in direzioni virtuose. Per limitarsi ai capitoli fondamentali, il consumo di suolo è tutt’altro che in regresso, la rigenerazione urbana non parte, nella transizione ecologica siamo ancora a livello di slogan. Eppure si tratta di temi di grande urgenza e complessità per i quali sarebbe doveroso ed auspicabile un minimo di dialogo tra le parti.
Un dilemma esistenziale tra rottura e collaborazione per ora senza risposta, anche perché riproduce altre e ben più importanti vicende del nostro pianeta, dalla guerra russo-ucraina alle innumerevoli situazioni di crisi alimentate da opposti estremismi.
Un panorama nero a puntini nerissimi, questo il commento che viene spontaneo. Ma non siamo abituati a rassegnarci, cerchiamo una via d’uscita.
Un’ancora di salvezza che si chiama PNRR. Una quantità mai così ampia di progetti caratterizzati da una specifica valenza urbanistico-ambientale. In grande prevalenza riguardano infatti aree ed ambiti di rigenerazione e prevedono interventi di tutela e ripristino ambientale. Un processo che, se ben organizzato, può effettivamente cambiare le sorti del paese. Il rischio – solito quando si opera in Italia - è che buona parte dei progetti finanziati finiscano nel pantano della giungla burocratica vanificando le buone intenzioni dei promotori.
Il PNNR consente la possibilità di utilizzare veicoli legislativi e percorsi burocratici semplificati rispetto alle normali procedure, che potrebbero consentire le modifiche necessarie per mettere la disciplina al passo con i tempi.
Sgombriamo subito il campo dalle eventuali critiche: non occorrono nuovi piani, l’armamentario è già cospicuo: varianti, strumenti attuativi, accordi di programma, progetti convenzionati. C’è tutto e di più. Altri sono i tasselli che mancano.
Pensiamo ad esempio alla rigenerazione urbana, in particolare alla partecipazione pubblico-privato (PPP) che è condizione determinante per realizzare i progetti PNNR. Dove uno strumento utilissimo può rivelarsi la perequazione. Alcune regioni hanno legiferato in merito, ma il trasferimento dei diritti edificatori dagli ambiti di generazione a quelli di atterraggio è materia di competenza statale in quanto investe il diritto di proprietà.
Ancora, le modalità per mettere in gara tra gli operatori l’attuazione dei progetti strategici per la città; il caso dello stadio della Roma è l’esempio negativo di ciò che non si dovrebbe fare. La fiscalità immobiliare, strumento indispensabile se si vuole ridurre il consumo di suolo. Ma anche questioni meno complesse interne alla disciplina come la revisione dei criteri che regolano la zonizzazione – le famose o famigerate zone A-B-C-D-E-F – e una nuova regolamentazione degli standard urbanistici. Dal cassetto delle carte elaborate dalle varie associazioni non è certo difficile estrarre indicazioni e proposte concrete riguardanti le cose che servono subito.
Qualcuno potrà obiettare che questa linea è eccessivamente condizionata da un approccio di tipo professionale. Certamente. La questione è aperta, serve il contributo di tutti.