Nell’ultimo editoriale prima delle ferie d'agosto dell’anno scorso (lo ritrovate a questo link) avevo commentato un post social in cui, osservando la vulnerabilità della rete elettrica di una grande città come Roma rispetto al sovraccarico determinato dall’abuso di condizionatori d’aria, veniva sottolineata l’assurdità di affidare la lotta al caldo soffocante a soluzioni solipsistiche di matrice individualista (si salvi chi può) e sistemi energivori (come i condizionatori), invece che pensare a soluzioni sostenibili sul piano della collettività. Ci voglio tornare sopra, intanto perché la questione, come ogni anno, torna a riproporsi con le calure estive, ma poi perché si coniuga con l’incessante percorso di ricerca in cui AUDIS è permanentemente impegnata permettendo di aggiungere elementi di riflessione che a me sembrano utili.
E mi interessa connettere questo ragionamento anche alla presentazione (di cui parliamo qui) del Centro di Ricerca Interdipartimentale inaugurato il 2 luglio scorso dal CNR, a cui AUDIS ha anche partecipato con un proprio contributo.
Quale è il nesso che lega questi due elementi apparentemente così distanti?
Il nesso è senz’altro costituito dalla matrice culturale a cui sono ispirate le politiche pubbliche in generale e, in questo caso, quelle di sviluppo urbano. Sarò forse un po’ tranchant nel delineare questa vision, ma ve la propongo perché mi pare suggestiva.
Da un lato, infatti, la scelta individualista di accendere ciascuno il proprio condizionatore può essere ricondotta senz’altro ad una interpretazione “neo liberista” delle politiche urbane: la mano invisibile del mercato ci salverà anche dal gran caldo.
In realtà, chi può si compra (e alimenta) il proprio condizionatore, chi non può soffre due volte (la prima perché l’utilizzo massivo mette a rischio la stabilità della rete, la seconda perché aumenta il caldo).
E su questo conviene soffermarsi. Se, infatti, il mercato ha in sé stesso, per effetto delle sue intrinseche caratteristiche, la capacità di autoregolarsi, allora non avrà alcun bisogno di strumenti conoscitivi utili a prefigurare la forma futura delle città. È l’agire privato, mitigato nella sua bulimia dagli strumenti di pianificazione urbanistica, che crea le città così come sono. E si ritiene che non possa essere altrimenti.
Non sfugge come in questo contesto culturale la cosiddetta “sostenibilità”, servita in tutte le salse, rischi di essere la foglia di fico che serve per coprire i disastri conclamati –tra questi l’accelerazione del cambiamento climatico- della teoria di Smith.
La “deriva” del principio ESG verso forme consolatorie o effimere di sostenibilità sembra confermarlo.
Al contrario, la partecipazione di AUDIS alla presentazione del nuovo Centro di Ricerca Multidisciplinare del CNR vuole dimostrare la nostra ferma convinzione che lo sviluppo urbano debba essere guidato dai bisogni collettivi e che, attraverso l’analisi il più sofisticata possibile di tali bisogni, si debba raggiungere quel livello di consapevolezza delle scelte di sviluppo urbano che deve caratterizzare le moderne metropoli, come nella tradizione del pensiero dell’Economia civile di Antonio Genovesi contrapposta, appunto, a quella di Smith e, a suo tempo, oscurata dal travolgente successo delle teorie e dalla prassi liberista.
D’altro canto, è sotto gli occhi di tutti come lo Stato, che dovrebbe essere l’argine che garantisce politiche perequative tra i cittadini, fatichi a leggere e soddisfare i bisogni della collettività in termini di servizi, e allochi le proprie scarse risorse utilizzando prevalentemente schemi interpretativi rozzi e limitati, mentre gli attori del libero mercato, spesso violando anche i diritti di riservatezza dei cittadini, usino gli strumenti più avanzati per organizzare la propria offerta e soddisfare con estrema puntualità i bisogni dei singoli.
Alle politiche pubbliche spetta il compito di immaginare il futuro sostenibile delle città utilizzando gli strumenti predittivi offerti dalle nuove tecnologie. Luigino Bruni, economista di matrice culturale cattolica, dice che se le metropoli contemporanee sono figlie delle teorie liberiste di Adam Smith, quelle del futuro saranno figlie di Antonio Genovesi.
A differenza di Adam Smith, spesso citato ideologicamente a sproposito attribuendogli una radicalità che probabilmente non gli apparteneva in modo così ottuso, Genovesi è meno conosciuto. Coevo di Smith, Genovesi sosteneva che l’iniziativa economica dovesse prendersi cura del contesto sociale -oggi diremmo anche ambientale- nel quale opera.
Allora perse il confronto con le teorie di Smith che alle spalle avevano la potenza imperiale britannica. Oggi, la sensibilità delle nuove generazioni potrebbe finalmente restituire una nuova dignità alla sua visione.
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Foto di Baptiste Buisson su Unsplash