di Rosario Manzo
Gli articoli di Tommaso dal Bosco (vedi qui) e di Roberto Malvezzi (vedi qui) –entrambi interessanti e condivisibili- pubblicati nell'ultima newsletter di AUDIS, chiamano ad una riflessione sulla natura e sullo scopo delle azioni che possono essere ricomprese nell’ormai abusatissimo termine “rigenerazione urbana”; tanto da farmi pensare che il primo passaggio concettuale da affrontare sia, come esplicitato nel titolo di questo scritto, la “rigenerazione” della rigenerazione urbana.
Devo confessarvi che l’incipit dell’articolo di Tommaso mi ha ricordato l’inizio del film “Robocop 3” che mostra come la Omni Consumer Product (un riferimento alla società dei consumi globali) è intenzionata a creare Delta City per sostituire Detroit. Poiché gli abitanti degli slums non sono intenzionati a lasciare le proprie abitazioni, la OCP impiega un esercito spietato per attaccarli e perseguitarli, inquadrato in battaglioni di “rigenerazione urbana”. Dai film di fantascienza alla realtà, come vedete, il passo è breve.
Ancora più singolare, rispetto al tema di una città “giusta” –meglio, di una società urbana giusta– è il riferimento alla dottrina economico-sociale di Antonio Genovesi, risalente ormai a più di trecento anni fa, descritta e (ri)scoperta da Luigino Bruni. Eppure, se ci pensiamo bene, la “rottura” tra tecnica e umanesimo (umanità) risale proprio a quell’epoca e, volenti o nolenti, segna ancora profondamente il pensiero europeo. Ad esempio, il movimento filosofico dei fisiocratici, che metteva al centro dell’economia la cura della terra, risale a quegli anni; un concetto molto contemporaneo eppure completamente obliterato dalla civiltà delle macchine e dall'industrializzazione, un processo intellettuale, contestuale alle speculazioni di Antonio Genovesi, di François Quesnay che arriva, in una linea di continuità ideale, al manifesto dell’economia umana di Nicholas Georgescu-Roegen degli anni ’60 e, per certi versi, al mondo a tre zeri (zero povertà, zero disoccupazione, zero inquinamento) di Muhammad Yanus, perché “Il capitalismo attuale cerca di costruire un futuro migliore attraverso l’accumulo di ricchezza e profitto, ma la vera soluzione sta nell’investire in persone, in imprese sociali, in comunità e nell’ambiente”.
Non voglio entrare in una stanca polemica sulla rigenerazione urbana utilizzata come grimaldello per realizzare trasformazioni e densificazioni il cui obiettivo è la rendita estrattiva; la vicenda di Milano è paradigmatica di una “semplificazione” che, posta di fronte alle normali regole di ridistribuzione della ricchezza fondiaria assoluta e differenziale, propone di estendere a tutta l’Italia -bisogna dirlo con fermezza– un modello speculativo degno della peggiore specie descritta nel film “Mani sulla città”.
Non è neanche il caso di sperare in una legge sulla rigenerazione urbana che non abbia lo scopo già ben descritto da Tommaso; per fortuna la discussione è ferma al dicembre scorso e mi auguro che passi anche questa legislatura senza che venga approvata una normativa che, se non inutile, può essere persino dannosa. Il tema su cui concentrare gli sforzi intellettuali, politici, culturali, amministrativi, è su come si possa realizzare una rigenerazione delle città “stanche” (come le descrive nell’Omelia di dicembre l’Arcivescovo di Milano, Delpini) sotto i molteplici aspetti, tutti correlati, che riguardano la qualità della vita delle persone che vivono in ambito urbano. I temi sono conosciuti: abitare, lavorare, muoversi, avere una vita sociale, essere curati, salvaguardati e assistiti in modo dignitoso ed equo. In altre parole, per cambiare il fine della rigenerazione urbana è necessaria la sostituzione terminologica e del significato degli obiettivi, declinati dal punto di vista di chi vive nella città e non di chi vede la città come un “oggetto” da cui trarre un profitto, spesso speculativo.
Non a caso, negli ultimi anni – forse un decennio – è maturata una nuova consapevolezza sulla potenzialità degli investimenti etici, sul pericolo di declino dell’ambiente naturale e antropico, sulla disuguaglianza che accompagna lo sviluppo urbano, spesso eredità di decenni passati e ritenuta non superabile. Un punto di altissimo livello, su questi aspetti è stata l’emanazione, ormai 10 anni fa, dell’enciclica “Laudato si” di Papa Francesco; tuttavia, lo stesso Papa nell'enciclica “Fratelli tutti” e in altre lettere Apostoliche, manifestava la propria preoccupazione per l’inasprirsi delle crisi ambientali, politiche e sociali in atto. All’alba dell'elezione del nuovo Papa, Leone XIV, dobbiamo auspicare che questo lascito non vada perduto e venga, invece, declinato ancora di più in modo concreto verso una maggiore responsabilità della specie umana verso l’ambiente e per il superamento delle diseguaglianze sociali.
Il punto conclusivo di questo breve ragionamento è un invito a riannodare quei fili di pensiero citati in precedenza –non ultimo, quello introdotto con determinazione nella “Laudato si”- per creare un “ambiente” politico, culturale, amministrativo e tecnico diverso, informatore su quanto riteniamo sia realmente la “rigenerazione urbana”, per operare in tal senso in modo concreto. Se questo vi sembra utopico, vi rimando alla lettura dei libri di Yanus il quale, oggi, è incaricato di rifondare il Bangladesh dopo la caduta del regime dittatoriale e ha insediato sei Commissioni che stanno elaborando i temi della nuova Costituzione, nelle more delle elezioni democratiche, con i fondamenti del “mondo a tre zeri”.