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Rigenerare legami, non bonus

Rigenerare legami, non bonus

L'editoriale del Presidente Tommaso Dal Bosco
​​​​​​​Nel numero scorso abbiamo provato a rimettere al centro la domanda essenziale: che cos’è davvero la rigenerazione urbana, e quale città vogliamo costruire? Da questa domanda nasce il percorso che AUDIS sta per avviare con il ciclo di incontri Next (Re)Generation, un laboratorio aperto in cui proviamo a ricostruire una visione condivisa della trasformazione urbana, a partire dai quattro pilastri della sostenibilità: economica, sociale, ambientale e spaziale. Presto, molto presto, ve ne parleremo.

Ma questa riflessione sarebbe sterile se rimanesse confinata nei circuiti dell’urbanistica o nelle stanze delle conferenze. Perché la rigenerazione urbana, se è davvero un progetto politico e non un semplice slogan a sostegno dei settori immobiliare e delle costruzioni, deve fare i conti con il tema cruciale della redistribuzione: redistribuzione di risorse, certo, ma soprattutto di potere, di opportunità, di relazioni, di diritti.

Non basta più chiedersi cosa possiamo costruire di nuovo, ma come e con chi. E soprattutto: con quali leve possiamo ridisegnare la città come spazio di convivenza giusta e sostenibile, in un tempo in cui la finanza pubblica, dopo la discutibilissima sbornia del PNRR, tornerà ad arrancare e gli investimenti riprenderanno il loro ciclo autoalimentante dove c’è già concentrazione di valore.

Per questo occorre capovolgere la logica del “dono” o della “compensazione”, spesso associata ai temi della coesione territoriale. Dobbiamo smettere di pensare al sociale come a una voce di costo o a una componente residuale da “ammorbidire” con interventi caritatevoli. La vera sfida è trasformare il sociale in infrastruttura. E per farlo, dobbiamo imparare a utilizzare leve nuove, intelligenti, generative.

Quali leve? Innanzitutto, quelle offerte dalle esperienze più avanzate di welfare comunitario e di innovazione civica: i contributi degli operatori del terzo settore, i voucher sociali municipali, gli investimenti delle imprese in benessere organizzativo e welfare aziendale, le forme di mutualismo territoriale, le comunità energetiche, le cooperative di abitanti. Tutte forme, diverse tra loro, di “redistribuzione attiva” di utilità collettive. Tutte leve che possono –se integrate con coraggio nelle politiche urbane– diventare motore strutturale di rigenerazione.

Non si tratta di sostituire la spesa pubblica, ma di moltiplicarne la capacità trasformativa. Questo richiede visione, certo, ma anche infrastrutture istituzionali nuove, capaci di riconoscere e valorizzare queste forme di investimento sociale, includendole in una strategia urbana integrata. Serve una politica che non pensi alla rigenerazione come a un segmento verticale, ma come a un’architettura trasversale: dove i progetti non calano dall’alto, ma emergono da un ecosistema di soggetti che condividono obiettivi, linguaggi e strumenti.

Questa è la città di Antonio Genovesi, come scrivevamo nell’editoriale scorso: una città fondata sulla reciprocità, sull’interdipendenza, sul riconoscimento. È in questa città che AUDIS vuole tornare a radicarsi, anche attraverso il lavoro collettivo che ci porterà, tra autunno e inverno, a scrivere un nuovo position paper all’altezza del nostro tempo. Una scrittura collettiva che non sarà un libro bianco, né un manifesto astratto, ma una traccia per agire, un patto costituente tra chi abita, chi amministra, chi progetta e chi investe.

Nel frattempo, la nostra newsletter continua a essere uno spazio di dialogo aperto. In questo numero pubblichiamo l’intervento di Rosario Manzo, che risponde con passione e lucidità all’articolo di Roberto Malvezzi uscito il mese scorso. È esattamente questo il confronto che vogliamo alimentare: non per affermare tesi preconfezionate, ma per generare pensiero utile, orientato all’azione.

Perché la rigenerazione che ci interessa non è quella che muove le gru, ma quella che riattiva i legami.

 

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Foto di Jackson Simmer su Unsplash


10/06/2025
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