Pubblichiamo uno stralcio dell'articolo pubblicato lo scorso 26 ottobre su Linkiesta.it. Per la lettura integrale trovate il link in basso.
Sembra impossibile ma in Italia non esiste né un censimento aggiornato delle ex aree militari né dati complessivi sull’argomento. Lo confermano anche dall’Audis, l’Associazione aree urbane dismesse: l’unico documento che, emesso dal ministero della Difesa, dia un’idea di quale sia lo stato delle cose, è la presentazione del progetto “Task force per la valorizzazione e la dismissione degli immobili non residenziali del Ministero della Difesa”. Ed è datata aprile 2014. Eppure, secondo quanto espresso nella Legge di stabilità 2015, al ministero della Difesa toccherebbe recuperare almeno 220 milioni di euro nel 2015 e 100 milioni di euro annui nel 2016 e nel 2017 per risanare le casse dello Stato. Come? Dismettendo con aste pubbliche gli immobili in proprio uso: più di 1.800 tra caserme, postazioni, polveriere, bunker e alloggi di carattere residenziale (solo queste ultime sono 504, come espresso nell’ultimo bando d’asta).
Solo nel documento del 2014 si fa un breve cenno ai lavori di recupero e valorizzazione di queste aree, in alcuni casi esemplari di grande pregio storico e artistico. Tra i primi obiettivi della Difesa vi sono la riduzione degli affitti passivi, le permute, il soddisfacimento delle esigenze di altri Dicasteri (come il ministero dell’Interno per le emergenze profughi), e attività quali l’esecuzione di lavori per la realizzazione di infrastrutture nuove o l’accoglimento di associazioni culturali senza scopo di lucro vengono relegate alle ultime posizioni.
Eppure l’argomento merita attenzione, a vari livelli, spiega Andrea Licata, studioso delle problematiche relative al recupero delle aree dismesse e con un PhD in Politiche Transfrontaliere allo Iuise di Gorizia – . A livello locale, innanzitutto, serve una discussione pubblica che incoraggi gli usi sociali degli spazi che si liberano. Poi a livello nazionale, dove tocca alle istituzioni coinvolgere, oltre alle amministrazioni locali, anche esperti ambientali, di bonifica e di recupero di siti militari, eventualmente soggetti privati del territorio, gli atenei, l’associazionismo culturale e sociale». Obiettivo: una valorizzazione del patrimonio.