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Il mestiere dell'urbanista. La nostra intervista a Dionisio Vianello

Il mestiere dell'urbanista. La nostra intervista a Dionisio Vianello

Il nuovo libro di Dionisio Vianello “Il mestiere dell’urbanista” (Inu Edizioni) si divide in due parti: la prima guarda al passato ed è una sorta di autobiografia, la seconda guarda al presente e al futuro. La parte iniziale, quella più autobiografica, in cui racconta la sua carriera, è anche di fatto la storia dell’urbanistica in questo Paese.
«Sì -sorride Dionisio Vianello- per buona parte, è vero. Il mio percorso si è sviluppato per circa 50 anni, dalla laurea in ingegneria del 1962 fino al ritiro dall’attività nel 2013, ovvero sia dalla preistoria dei programmi di fabbricazione dei piccoli paesi del vicentino ai piani regolatori di alcune città motori dello sviluppo, i piani territoriali di regioni e province, per finire con la trasformazione delle grandi aree ed immobili dismessi dell’intero paese». 

E infatti naturalmente nella sua biografia un posto importante lo occupa Audis, che lei ha contribuito a far nascere 30 anni fa e che ha presieduto. Ci racconta quella stagione?
«Quella che io chiamo la prima stagione della rigenerazione urbana nasce nei primi anni ‘90. Ci ritrovavamo ogni anno a Cannes, al MIPIM, la grande mostra mercato dell’immobiliare. Allora eravamo sempre in quattro,  noi dell’IRI-Fintecna, Milano Centrale, i comuni di Napoli e Torino. Purtroppo senza alcun risultato, gli investitori stranieri non si fidavano dell’Italia per via delle procedure lunghe e complicate e dell’assoluta mancanza di certezza. Così pensai che sarebbe potuto essere utile mettere insieme le amministrazioni delle città che avevano problemi di aree dismesse con i proprietari e  gli operatori per fare fronte comune e superare le difficoltà. Ne parlai con Franco Corsico, assessore all’urbanistica di Torino, ne fu entusiasta. Insieme creammo AUDIS chiamando a partecipare i comuni più interessati. La spinta di AUDIS fu determinante per  la modifica delle procedure urbanistiche mediante l’introduzione dei programmi complessi -PRU e PRUSST (1992)- e con il Decreto Fontana del 1995 che mise a disposizione i finanziamenti, ma non più di tanti. Si avviò così tutta una serie di interventi da tempo bloccati. Una fase epica, che durò più di un decennio ma purtroppo si esaurì con la crisi dei mutui subprime del 2008. AUDIS continuò tuttavia a lavorare sul tema, diventando ciò che è ancora oggi, un interlocutore essenziale per le amministrazioni e gli operatori».

Dopo la pensione, nel 2013, lei ha continuato ad occuparsi della sua materia e della sua passione come osservatore esterno. E di questo si parla nella seconda parte del libro.
«Parto da una constatazione. In questi ultimi decenni sono cambiati in modo sostanziale i modi di vivere, abitare, lavorare.  La nuova agenda urbana riguarda la riduzione del consumo di suolo, la rigenerazione urbana, il contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici. Noi però continuiamo a lavorare con un sistema  urbanistico fondato sulle crescita della città, chiaramente inadatto ad affrontare i nuovi compiti. A mio parere occorre quindi rivedere integralmente i modelli  precedenti, in una logica che però non può essere di rottura ma di evoluzione e cambiamento. A tal fine, nel libro formulo tutta una serie di proposte, discutibili fin che si vuole, ma che derivano proprio dalla mia sessantennale esperienza in campo urbanistico». 

Audis sta portando avanti una riflessione sul senso autentico della rigenerazione urbana. Secondo lei oggi è ancora possibile utilizzare lo strumento urbanistico per costruire una città più giusta?
«Non è certo un obiettivo facile, l’urbanistica può mettere a disposizione gli strumenti in buona parte ormai collaudati, ma poco più. Lo stato deve fornire un supporto essenziale, fondato soprattutto sul sostegno al social housing. Da tempo sostengo che più che una legge sulla rigenerazione urbana in Italia serve un Piano Casa. Su questo obiettivo bisogna concentrare gli sforzi di tutte le categorie interessate, amministratori, tecnici, proprietari ed operatori. Compreso il mondo del real estate che finora è stato il grande assente dal dibattito. Per non parlare del settore economico, banche, fondi, SGR, da sempre convitati di pietra nel processo di rigenerazione.  Per ottenere una città più giusta e solidale a mio parere è però indispensabile che il processo di rigenerazione sia riassegnato alle comunità locali –regioni e comuni, amministrazioni, ma anche operatori ed organizzazioni sociali– come era stato fatto a suo tempo nella prima stagione della rigenerazione»


03/11/2025
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