di Tommaso Dal Bosco
Mario Occhiuto è un politico di lungo corso e prima ancora architetto e imprenditore. Per 10 anni è stato sindaco di Cosenza e dall’inizio dell’ultima legislatura è senatore. A ottobre è approdato in 8ª Commissione (Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica) il suo ddl in materia di rigenerazione urbana.
All’indomani della presentazione del testo che lo vede primo firmatario, abbiamo approfittato per una chiacchierata approfondita sul tema, resa ancora più schietta e informale dalla lunga amicizia che ci lega.

Buongiorno Mario. Comincio da una domanda di carattere generale: anche in questo momento, in parlamento, tra camera e senato ci sono almeno 4 proposte di legge in materia di rigenerazione urbana. Nella scorsa legislatura ne vedemmo addirittura 7 poi tutti unificati non senza criticità nel “famigerato” A.S. 1131, perché negli ultimi anni il parlamento ha molto discusso e prodotto diverse proposte di legge in materia di rigenerazione urbana senza riuscire mai ad andare in buca?
«La discussione in atto dipende dall’interesse diffuso che esiste sul tema della rigenerazione urbana, ma purtroppo c’è anche molta confusione. La rigenerazione urbana è un nuovo processo, multidimensionale e integrato di intervento progettuale, correlato alla necessità di contenimento del consumo del suolo, che non deve essere confuso con la riqualificazione e il recupero edilizio, già disciplinati da tempo. Nè può essere soltanto l’occasione per ottenere premialità di volumetria sul costruito senza che si ottengano concretamente i benefici di innovazione e sostenibilità per la città insiti nei processi di rigenerazione urbana».
Quali sono le differenti visioni politiche che influenzano il dibattito, gli elementi di contrasto politico tra le diverse iniziative legislative che impediscono l’accordo per una visione unitaria in questa materia?
«Non mi risultano contrasti politici e non sono emerse differenze di visione concettuale sul tema ma rilevo semmai il rischio che si possa incorrere, come è stato nella passata legislatura, nell’errore di mettere insieme contenuti innovativi -e che quindi sono auspicabili riguardo alla esigenza di nuova produzione legislativa- con altri che nulla hanno a che vedere con i processi di rinnovamento urbano. Ci troveremmo davanti, in questo caso, ad un’accozzaglia di norme che porterebbe solo al risultato di generare confusione, complicare le procedure già esistenti, consentire aumenti di volumetria tentando nella sostanza di strumentalizzare i termini e i concetti per violentare ulteriormente la città così come avvenuto negli ultimi cinquant’anni».
Data la tua formazione di architetto e la tua esperienza come sindaco di Cosenza, come hai operato per migliorare la qualità urbana nella tua città che, lo ricordiamo, da ormai diversi anni è l’unica città del sud a stazionare permanentemente nelle fasce alte di tutte le classifiche sulla qualità urbana?
«A Cosenza durante il periodo della mia Amministrazione abbiamo seguito un’idea molto semplice: ci siamo seriamente impegnati a ricercare la bellezza in ogni angolo, anche in quello più sperduto e abbandonato; abbiamo lavorato per realizzare progetti che potessero far ritrovare quella dimensione umana che era andata perduta, quella dimensione umana che negli anni addietro, specialmente i giovani, andavano a ricercare nei borghi limitrofi dove si conservava ad esempio l’idea della piazza come forma pura di aggregazione. Abbiamo inaugurato una stagione di grandi opere pubbliche innovative e di qualità architettonica, utili a rafforzare l’orgoglio di appartenenza dei cittadini e l’identità e la riconoscibilità del territorio rigenerando quartieri periferici che prima erano lasciati al degrado e generavano problemi di insicurezza urbana e di miseria sociale. Abbiamo pedonalizzato moltissime zone della città, abbiamo creato reti ecologiche urbane, abbiamo puntato a stimolare i cittadini a camminare, a praticare attività fisica all’aperto per prevenire le malattie, a spostarsi con mezzi di trasporto sostenibili per mitigare l’inquinamento; abbiamo implementato le buone pratiche basate sul ciclo virtuoso dei rifiuti e sul rispetto degli utenti-pedoni. Abbiamo promosso eventi e feste cittadine trattando la città come un grande teatro all’aperto, per rafforzare la coesione sociale».
Quali lezioni apprese nella tua esperienza a Cosenza sono confluite nella stesura del disegno di legge sulla rigenerazione urbana? Ci sono specifiche iniziative o progetti che ritieni abbiano particolare rilevanza?
«La mia esperienza di Sindaco mi ha aiutato a capire che quel che è veramente importante per una città è la valorizzazione di quelle funzioni che non sono solo utilitaristiche per i cittadini ma che rispondono alle aspirazioni intrinseche del nostro essere uomini. L’aspirazione alla sostenibilità e alla bellezza, per esempio, che sono nello stesso tempo altruismo e desiderio di bontà e di armonia. L’obiettivo della rigenerazione urbana significa quindi in definitiva contribuire a rendere le città sostenibili e veramente a misura d’uomo (e non delle macchine) agendo -insieme, pubblico e privato- dal punto di vista spaziale per raggiungere un miglioramento del contesto sociale, di valorizzazione economica e culturale ed elevando pure la qualità del patrimonio immobiliare con azioni di riqualificazione energetica e sismica. Il disegno di legge prevede l’individuazione da parte dei comuni di ambiti urbani all’interno dei quali i privati possano presentare proposte di intervento di ristrutturazione edilizia, demolizione e ricostruzione, ristrutturazione urbanistica e -qualora funzionale alla rigenerazione urbana- nuova costruzione, che beneficino di una serie di misure incentivanti e di semplificazioni procedurali».
La tua proposta legislativa tiene conto di specifiche esigenze o sfide che affrontano le città del sud Italia in materia di rigenerazione urbana? In che modo mira a migliorare la qualità urbana in queste aree?
«Si avverte l’assenza e quindi l’esigenza di una strategia nazionale complessiva di rigenerazione delle città, soprattutto quelle del Sud Italia, costituite oggi da tanti luoghi ormai abbandonati, da non-luoghi che devono essere rigenerati per ritrovare il senso perduto della bellezza. La bellezza è unitiva e attrattiva, rende le città più ricche di opportunità, piene di giovani e di turismo. Oggi è più che mai necessario che le città del Sud possano acquistare un protagonismo attivo nel processo di ripresa del Paese immaginando e progettando un nuovo modello di area urbana che possa contemplare luoghi aperti e piazze e scuole e quartieri più vivibili e funzionali, con maggiori spazi verdi. È necessario quindi avviare un concreto processo di “rigenerazione urbana”, intesa nella sua accezione più piena, destinata ad incidere profondamente nel tessuto delle città del Sud. Inoltre se le città del Sud saranno realmente rigenerate e quindi rese più vivibili accresceranno la loro competitività influenzando anche, a cascata, la competitività del Paese che potrà essere realmente proiettato verso una ripresa foriera di occasioni di crescita e sviluppo con la conseguente capacità di generare nuova occupazione. La classe dirigente è tale se guida i processi e mai se li subisce o se si fa condizionare, se riesce a far comprendere ai cittadini che sono necessari nuovi modelli di sviluppo, soprattutto nel Sud e nelle regioni sottosviluppate, in direzione di una crescita anzitutto culturale e legata all’esigenza di seguire principi di sostenibilità e buone pratiche improntate alle migliori aspettative dell’uomo».

Puoi condividere alcuni esempi di progetti di rigenerazione urbana di successo a Cosenza che potrebbero servire da ispirazione per altre città? Come intendi promuovere l'adozione di tali approcci in tutto il paese?
«A Cosenza un intero ed enorme quartiere (Gergeri e Via Popilia) che un tempo era una zona marginale e degradata affacciata su un fiume, con due campi rom insediati sugli argini e migliaia di persone accampate che abbandonavano tonnellate di rifiuti e bruciavano sostanze nocive, è stato durante il mio mandato completamente rigenerato. L’idea è stata quella di valorizzare i fiumi e circondarli di numerosi episodi culturali (il Ponte di Calatrava, il Planetario, i BoCs Art, i musei, ecc.).
Questo quartiere in quegli anni è stato praticamente riconnesso al centro cittadino, racchiudendolo tra una rete ecologica urbana di connessione pedonale (il Parco del Benessere) e alcune straordinarie opere di architettura contemporanea sul fiume: il Ponte progettato dall’architetto Calatrava e il Planetario dell’architetto Monisteroli.
In questa zona è stata realizzata la più grande opera di rigenerazione urbana mai concepita a seguito dell’espansione urbana che dagli anni ’50 in poi aveva determinato la marginalità con condizioni di estremo degrado urbano e sociale, interrompendo il rapporto della città con i suoi fiumi Crati e Busento.
Al fine di intraprendere un reale percorso di rigenerazione urbana nel nostro Paese vanno presi in considerazione esclusivamente gli ambiti di intervento su cui operare, individuati nella mia proposta, e inquadrati in modo sistematico all’interno di piani di area vasta che consentano di regolare fenomeni come la gestione delle risorse idriche, la sicurezza del territorio, la mobilità delle persone e delle merci e il soddisfacimento dei diritti fondamentali alla casa, alla sanità, all’istruzione e al lavoro, in un quadro generale di sostenibilità».
Quali sono i principali punti di forza che ritieni di poter sfruttare, grazie alla tua esperienza tecnica e amministrativa, nel promuovere il tuo disegno di legge sulla rigenerazione urbana e nel persuadere i tuoi colleghi parlamentari dell'importanza di questa iniziativa?
«Oggi è più che mai necessario capire che una comunità locale deve stare insieme nel modo migliore possibile, secondo i canoni del rispetto reciproco e del vivere bene, nella qualità ambientale, non inquinando e partecipando attivamente a quella più vasta comunità globale che è espressione di appartenenza all’umanità.
Abbiamo un obiettivo a cui dobbiamo tendere oggi, rigenerando le città nel loro insieme di spazi costruiti e di quelli liberi aperti, lavorando sui sistemi di mobilità, impegnandoci contro l’inquinamento e contro il consumo del suolo.
Occorre stringere un patto duraturo con i cittadini, in un cammino collettivo di condivisione che nel contempo è un percorso di formazione della coscienza civica e civile. Non si tratta solo quindi di adempimenti a carattere procedurale, ma dello specchio effettivo di una crescita educativa che oggi è imprescindibile anche a causa del cambiamento climatico. Non so se riuscirò a persuadere gli altri dell’importanza di questa iniziativa, della necessità di far germogliare questa mentalità, ma so che per attuare un cambiamento in positivo è necessario trovare la forza di discutere, parlando magari di bellezza e sostenibilità e non solo di utilità o di funzioni. In questa direzione, sono convinto, è necessario tenere in piedi il confronto».