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Vitruvio 4.0, i dialoghi sulla città con Freyrie e Biondillo diventano un libro aperto

Vitruvio 4.0, i dialoghi sulla città con Freyrie e Biondillo diventano un libro aperto

Vitruvio 4.0 ha ora forma di libro digitale e presto sarà messo a disposizione gratuitamente sulle piattaforme online. In origine il progetto ideato da Mitsubishi Electric ​​nell’ambito del programma Mitsubishi Electric Climatizza l’Arte nasce come ciclo di eventi itineranti tra Milano, Roma, Napoli, Firenze, per parlare della città e delle sue trasformazioni. Una sorta di roadshow alla scoperta dell’evoluzione della “utilitas” vitruviana, nell’inevitabile intreccio con i paradigmi sociali emergenti. Al centro c’è la rigenerazione urbana, un tema che sappiamo fondamentale se declinato come politica per lo sviluppo sostenibile.

Mente del progetto è il noto architetto milanese Leopoldo Freyrie, che inquadra così gli obiettivi di Vitruvio 4.0: «Volevamo ragionare a voce alta di rigenerazione urbana, ma non volevamo tavole rotonde di architetti e professionisti. Sentivamo il bisogno di coinvolgere interlocutori di varia provenienza. Si era nel 2019 e non sapevamo che di lì a poco la pandemia avrebbe accelerato e forzato i cambiamenti di cui stavamo parlando».

Gli incontri, che dovevano essere 4 o 5, alla fine sono stati 13, spalmati nell’arco di 4 anni, perchè una regola imponeva di farli in presenza, aperti al pubblico, quindi il viaggio è stato interrotto durante il Covid. I personaggi coinvolti quasi una cinquantina, tra esperti, giornalisti, sociologi, intellettuali, artisti, imprenditori.
Subito dopo il debutto a bordo della carovana Vitruvio è salito anche lo scrittore e architetto Gianni Biondillo. Così ci racconta il suo coinvolgimento Leopoldo Freyrie: «Gianni è un amico, era presente tra il pubblico al primo di questi incontri e aveva preso un sacco di appunti, era intervenuto in modo puntuale. Alla fine gli ho detto: d’ora in poi devi partecipare a tutti gli appuntamenti».

E dagli appunti di Biondillo nasce l’embrione del libro presentato a metà aprile a Milano. Non la semplice sbobinatura degli interventi che si sono susseguiti negli anni, ma una raccolta ripulita e ragionata, suddivisa per tematiche.
Naturale che la pandemia abbia rappresentato uno spartiacque anche nei contenuti della discussione.
«La pandemia ha cambiato eccome il modo di vivere e le esigenze delle persone -dice Freyrie-. L’importanza degli spazi pubblici, prima di tutto, ma in generale l’importanza dello spazio all’aria aperta, è emerso in tutta evidenza durante il lockdown. Che le case devono avere i balconi ce lo ha ricordato la pandemia»
 

«Prima della pandemia -dice Gianni Biondillo- immaginavamo il cambiamento, con la pandemia il cambiamento ci è piombato addosso. Il lockdown in un certo senso ha rappresentato la prova generale di futuro, un futuro fatto di emergenze inaspettate. È la pandemia, con la crescita di Amazon e il cibo a domicilio, a farci capire quanto siano obsoleti i centri commerciali. Ed è sempre la pandemia a farci vedere che un grattacielo, per quanto bello e in apparenza futuristico, non ha balconi e non consente il ricambio d’aria, quindi non sa trasformarsi all’occorrenza.  È ancora la pandemia a farci capire l’importanza dei luoghi di relazione, che in nessuna condizione devono venir meno. Ecco, la rigenerazione non è più solo ripensare i contenitori vuoti, ma è anche renderli flessibili e funzionali di fronte a un cambiamento improvviso».
 

Non a caso il primo capitolo del libro è dedicato alla casa.
«La casa intesa come abitazione, come nido, -spiega Biondillo- ma inserita in un contesto sociale. Quando l’uomo 10mila anni fa ha smesso di muoversi e ha deciso di essere stanziale, di convivere in società più o meno organizzate, lo ha fatto per stringersi, fare cerchio contro il buio, contro l’ignoto. Così sono nate le città e l’uomo oggi ha ancora quegli stessi bisogni. Le città rappresentano un problema, sono energivore, sprecano territorio, ma continuano ad attrarre popolazione, che chiede di entrare e chiede giustamente servizi. La soluzione non è certo chiudere le città, anzi al contrario bisogna creare nuove opportunità ma per far questo è necessario che le città siano sostenibili e giuste».

Che idea emerge dalle discussioni di questi anni confluite nel libro?
Risponde Leopoldo Freyrie: «Emerge l’idea di dove stiamo andando. Emergono le difficoltà giuridiche con cui dobbiamo convivere. Emerge che la burocrazia in questo Paese è un ostacolo a tratti insormontabile. Emerge che la città va più veloce di chi la amministra, che i Piani Urbanistici sono già vecchi prima ancora di essere pubblicati. Emerge che nonostante tutti i pregiudizi, la città resta l’invenzione più folle dell’uomo ed è ancora il suo futuro»

In coda alla prefazione di Gianni Biondillo si legge che il libro può rappresentare un punto di partenza. Verso dove?
«Vitruvio 4.0 -spiega lo scrittore- non ambisce certo a dare risposte definitive. È proprio la natura socratica del progetto a far sì che le discussioni non si debbano chiudere, ma anzi debbano restare aperte e sempre aggiornate. Semmai sarà interessante rileggere questo libro tra qualche anno e vedere quali interrogativi sono stati risolti e quali invece restano ancora aperti».

Un libro che sarà sicuramente interessante recuperare e leggere non appena sarà messo a disposizione dagli ideatori del progetto, anche per apprezzare le “Architetture impossibili” di Marialuisa Montanari, opere grafiche che impreziosiscono copertina e interno del libro. 


02/05/2024
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