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Rigenerazione Urbana tra contenuti e metodologie attuative

Rigenerazione Urbana tra contenuti e metodologie attuative

L'editoriale del Presidente di AUDIS Tommaso Dal Bosco
Nel vasto panorama delle discussioni online, è raro trovare un post che non solo catturi l'attenzione, ma offra una prospettiva così profonda e sagace sui problemi che affliggono le nostre città in rapida evoluzione. Lo riporto integralmente rispettando la privacy dell’amico che lo ha scritto senza condividerlo pubblicamente. 
 

"Ora che la rete elettrica inizia a saltare forse si dovrebbe iniziare a riflettere sul fatto che non è possibile che in una città di 3 milioni di persone tutti abbiano il condizionatore privato acceso. E tantomeno in un mondo dove siamo 8 miliardi. Ormai questo caldo è la nuova normalità e la soluzione non può essere il "si salvi chi può" ma dare la priorità ai casi accertati di necessità per l'uso del condizionatore e ripensare i tempi e gli spazi della città per tutti offrendo zone alberate e magari con la possibilità di bagnarsi in ogni quartiere, spazi collettivi come biblioteche e scuole climatizzati e attrezzati perché bambini e anziani passino l'intera giornata al riparo, rinforzare e rendere gratuito il trasporto pubblico verso le più vicine località montane. E molte altre se ne potrebbero pensare. Stare ognuno chiuso nella sua casa e nella sua macchina col condizionatore non è una soluzione che possa durare a lungo. I più deboli, i poveri e molte categorie di lavoratori già ne stanno pagando le conseguenze, ma il problema è di tutti."
 

L'eloquente riflessione del giovane amico intellettuale mostra con disarmante semplicità un’idea chiara di rigenerazione urbana, mettendo in risalto l'importanza di andare oltre l'aspetto immobiliare e speculativo di tale processo che sembra invece essere l’unica prospettiva del discorso pubblico sul tema.
In un mondo in cui il cambiamento climatico si fa sempre più tangibile e in cui l'energia elettrica stenta a soddisfare le esigenze di una popolazione in crescita, le sue parole risuonano come un campanello d'allarme. La sua persino ovvia affermazione secondo cui "non è possibile che in una città di 3 milioni di persone tutti abbiano il condizionatore privato acceso", il riferimento è ovviamente a Roma, sfida il dogma del consumismo individualista energetico sfrenato.
Lungi dall'essere una mera invettiva contro l'uso del condizionatore, il post trascende per abbracciare un'ampia visione di una città pubblica più equa, sostenibile e inclusiva. La sua proposta di ridisegnare lo spazio urbano per tutti, garantendo aree verdi e spazi comuni climatizzati, mostra l’idea della necessità di un profondo impegno nel migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini.

La citazione "il caldo è la nuova normalità" ci costringe a confrontarci con la realtà di un ambiente mutevole e a interrogarci sulla nostra responsabilità di proteggere il pianeta per le generazioni future. La chiamata a "rinforzare e rendere gratuito il trasporto pubblico verso le più vicine località montane" dimostra una volontà di affrontare il problema sotto molteplici angolazioni, abbracciando la mobilità sostenibile ma, più in generale, soluzioni che richiedono un approccio integrato.

Il suo post non si limita a mettere in discussione l'approccio predominante alla rigenerazione urbana, ma sottolinea anche la necessità di affrontare le disuguaglianze. I più vulnerabili della società, i poveri e numerosi lavoratori, sono spesso quelli che subiscono le conseguenze più gravi di decisioni prese senza una visione olistica. La sua visione di una città che accoglie e protegge ogni suo cittadino, indipendentemente dalla condizione sociale, è un richiamo al nostro dovere collettivo di agire per il bene comune.

Credo fermamente che le valutazioni contenute nel post dovrebbero essere alla base di una conversazione seria e necessaria sulla direzione che le nostre città dovrebbero intraprendere. Un invito a guardare oltre i profitti veloci e a investire in un futuro urbano che rispetti la terra, valorizzi ogni individuo e abbracci la sostenibilità.

Quello che manca alla sua riflessione (ma non gliene faccio una colpa, è un post su Facebook!), per strapparla ad una dimensione puramente rivendicativa che rischia di inchiodarlo ad una lettura ideologica in una discussione inutilmente polarizzata, tra immobiliaristi e comunitaristi, è una critica radicale e qualche spunto per superare l’unico schema di gioco che conosciamo e pratichiamo per tentare di raggiungere gli obiettivi che auspica: quello della spesa pubblica, del PNRR, del Piano Periferie, dei bandi sulla mobilità e sulle scuole la cui efficacia non è scarsa ma perfino dannosa. 
Dannosa per la competitività orizzontale e verticale che innesca, per la frammentazione progettuale a cui obbliga, per l’iniqua distribuzione territoriale che genera.
Un modo che pretende di attuare politiche pubbliche di grande complessità che è in sostanza la negazione del principio democratico e egalitario a cui la sua stessa riflessione è ispirata.
L’elaborazione di strategie attuative integrate, efficaci, che rispettino questi principi e diano pari opportunità a tutti in termini di qualità abitativa dell’ambiente urbano tout court è la vera sfida che dobbiamo vincere.
La semplice correzione dei regolamenti dei bandi non è una soluzione, sia per l’evidentemente scarsità delle risorse da distribuire, sia per l’impossibilità di far convergere le risorse destinate alle varie iniziative settoriali in un unico metodo di assegnazione che ne preveda l’integrazione.
Bisogna concepire un sistema innovativo che permetta di usare per obiettivi pubblici l’enorme massa di denaro disponibile a livello globale - sempre più alla ricerca di impieghi sostenibili (ESG) - e sottrarsi alle lobby finanziarie che chiedono invece l’incentivazione di investimenti privati con la scusa di sopperire alla mancanza di servizi pubblici.
Non investimenti privati con soldi pubblici ma investimenti pubblici con soldi privati. 
Sembra un gioco di parole ma non è così. In fondo il meccanismo della spesa pubblica, dal punto di vista dell’approvvigionamento non è diverso. Si raccolgono soldi privati per trasformarli in pubblici. Sono i meccanismi di allocazione -che frammentano i processi programmatori e tendono a identificare i beneficiari a prescindere dalla dimensione dei fenomeni che intendono regolare- che non funzionano.
È quello che AUDIS rosicchiando centimetro su centimetro con sempre maggiore credito da ormai 3 anni è impegnata a fare.

 

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Foto di Chromatograph su Unsplash


01/08/2023
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