L'editoriale del Presidente Tommaso Dal Bosco
Con questo numero della newsletter vogliamo fare due cose insieme: rendere omaggio a Dionisio Vianello —fondatore e oggi presidente onorario di AUDIS— e, allo stesso tempo, usare il suo nuovo libro come occasione per riaprire un dibattito che ci riguarda tutti: che cosa intendiamo oggi per “rigenerazione urbana”, e perché l’Italia fatica a farne una politica autentica, capace di migliorare la vita delle persone e ridurre le disuguaglianze spaziali?
Il volume si presenta come un ponte tra storia e futuro: nella prima parte Vianello ripercorre una biografia che è, di fatto, un pezzo di storia dell’urbanistica italiana; nella seconda articola proposte per l’oggi e per il domani, in scia ai grandi cambiamenti sociali, economici e ambientali degli ultimi decenni. È un impianto che dichiara fin dall’inizio la sua ambizione: non un memoriale, ma un manuale di metodo e di responsabilità pubblica.
È anche la memoria di una stagione entusiasta in cui, con Franco Corsico, Roberto D’Agostino, amministratori coraggiosi e operatori privati, AUDIS seppe costruire un lessico comune tra pubblico e mercato. Una stagione in cui la rigenerazione non era maquillage, ma patto esplicito di valore pubblico su pezzi di città: regole, tempi, investimenti, esiti. Poi sono arrivati la crisi della finanza pubblica e la bolla immobiliare: troppo spesso il discorso si è ripiegato su riqualificazione fisica e sostituzione edilizia, innescando una speculazione “più raffinata” ma non meno miope, incapace di tenere insieme obiettivi sociali misurabili, servizi di prossimità, accessibilità, lavoro, cura. Le disuguaglianze spaziali —che sono disuguaglianze sociali— non si sono ridotte; in molti contesti si sono aggravate.
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Per questo il libro di Vianello è prezioso adesso. Perché ricorda che la rigenerazione non è un’etichetta, è un patto di valore. E perché rimette al centro tre cose che spesso perdiamo di vista: la concretezza dei risultati (tempi, costi, effetti misurabili); la qualità delle istituzioni (capacità di progetto e regia, non solo procedure); il rapporto onesto con il mercato (né demonizzato né idolatrato).
C’è un passaggio dell’intervista che pubblichiamo in questo numero e che merita discussione: «Da tempo sostengo che più che una legge sulla rigenerazione urbana in Italia serve un Piano Casa». Se “Piano Casa” significa l’ennesimo strumento settoriale, slegato da una visione urbana, non potremmo essere meno d’accordo. Nel mio contributo al volume collettivo sulle politiche abitative curato da IFEL e INAPP, di prossima uscita, abbiamo sostenuto l’opposto: non esiste un “problema casa” isolato; esiste un problema città. La casa è abitare: lavoro, servizi, mobilità, scuola, cura, tempo.
Ma c’è una seconda lettura —e scegliamo di farla nostra— in cui quell’affermazione diventa un invito a rimettere l’abitare al centro di una politica urbana integrata, con obiettivi, risorse e tempi certi. In questa chiave, il “Piano Casa” non è un contenitore normativo in più, bensì il pilastro abitativo di un progetto di città: un’agenda che rende coerenti urbanistica, infrastrutture sociali, investimenti privati, regole e incentivi, e chiede agli attori impegni verificabili.
Qui sta la posizione di AUDIS. Alla domanda “legge sulla rigenerazione o Piano Casa?” rispondiamo: agenda integrata dell’abitare e della città, con una regia leggera ma esigente: pochi KPI condivisi, dati comparabili, fondi pluriennali a esito, architetture finanziarie replicabili (gli OICR ESG per la rigenerazione), e un patto chiaro tra livelli istituzionali. In breve: passare dalla rendita al valore urbano, dalla spesa episodica alla contabilità di impatto.
Legacy: il testimone ai più giovani. Il libro di Dionisio è anche —e soprattutto— un gesto di trasmissione. Lo dico da lettore e da collega, ma anche da padre. Nella prefazione che ho scritto, ho voluto esplicitare questa dimensione di eredità civile: è un testo che consegnerò per primo a mio figlio, che si affaccia ora agli studi e ai mestieri della città, perché trovi qui non solo tecniche e casi, ma un’idea esigente di urbanistica come servizio pubblico e impresa collettiva. È il modo più concreto per dire che la stagione di AUDIS non appartiene al passato: continua se la consegniamo a chi viene dopo di noi con criteri chiari, responsabilità e strumenti adeguati.
Chi conosce Dionisio sa che il suo “Mestiere dell'urbanista” è un artigiano del metodo. Nel libro tornano fili che oggi abbiamo il dovere di riannodare: il tempo lungo dei processi (contro la tirannia dell’annuncio), la coproduzione tra amministrazioni, investitori e comunità (contro la contrapposizione rituale), l’umiltà dei dati (contro l’onnipotenza della narrazione). È il terreno su cui AUDIS ha deciso di rimettersi in gioco: non con un “manifesto”, ma con cantieri e sperimentazioni che si misurano su pochi indicatori e scadenze ravvicinate.
C’è, infine, un filo di rammarico per una parola, “rigenerazione”, che negli anni si è consumata, fino a diventare la foglia di fico di operazioni ordinarie o meramente edilizie. Leggere Vianello oggi serve anche a disincantare senza cinismo. Tornare all’essenziale: non bonus, non slogan, ma progetti che cambiano la vita delle persone in tempi ragionevoli e con responsabilità chiare.
AUDIS riparte da qui. Dal confronto con chi quella stagione l’ha fondata; dalla disponibilità a discutere anche posizioni che in apparenza divergono; dalla promessa di non confondere più la rigenerazione con la riqualificazione e il valore pubblico con la rendita travestita. Il libro di Dionisio Vianello — e l’intervista che gli abbiamo dedicato — sono un invito a fare meglio. Non per celebrare il passato, ma per pretendere futuro. E per consegnarlo, senza sconti, alle generazioni che stanno entrando adesso nella città e nei suoi mestieri.