Lo stabilimento ex CAI - Cementi Alta Italia è testimonianza della peculiare e florida industria del cemento e dei leganti idraulici sviluppatasi a Casale Monferrato e nei comuni limitrofi a partire dalla seconda metà dell'Ottocento.
Il complesso produttivo sorge nel borgo Ronzone, un’area periurbana situata ai piedi del versante collinare che declina verso il corso del fiume Po e del canale Lanza, lungo l’asse viario che collega Casale alla collina. Il Ronzone rappresenta un vero e proprio quartiere industriale che si è costituito e accresciuto in seguito allo sviluppo industriale della città ospitando, dalla fine dell'Ottocento, grandi stabilimenti per la produzione del cemento e del cemento-amianto.
Lo stabilimento viene costruito su iniziativa della ditta Fratelli Palli e Caroni negli anni Venti del Novecento. Durante i quasi ottant'anni di esercizio si avvicendano tre proprietà. Nel 1957 la società Palli vende le sue fabbriche alla Cementi Alta Italia Spa. Nel 1979, lo stabilimento CAI del Ronzone viene ceduto alla Fratelli Buzzi Spa.
La struttura si amplia e si trasforma nel tempo in ragione del mutare delle esigenze produttive. In origine era destinata alle fasi della lavorazione del cemento che andavano dall’estrazione alla cottura. La Fratelli Palli produceva cementi idraulici con le marne provenienti dalle cave coltivate nelle colline retrostanti e che giungevano allo stabilimento attraverso un binario a scartamento ridotto. Successivamente gli impianti vengono riconvertiti alla sola macinazione e all’insacco. Nel 1965, gli impianti di macinazione delle materie prime crude e i forni di cottura, ormai obsoleti, vengono dismessi e in parte smantellati. Nel 1995, i reparti di macinazione e insacco vengono definitivamente fermati e la Buzzi Unicem crea nell’area un centro di distribuzione a servizio della clientela locale. Il sito viene dismesso nel 1995.
Il progetto di riqualificazione dell’area ex Cementi Alta Italia, avviato nel 2018, si inserisce in un quadro complessivo di azioni per la rigenerazione del borgo Ronzone, attraverso il riuso e la rinaturalizzazione delle aree industriali dismesse del quartiere, intraprese in particolare dall'Amministrazione comunale. Negli ultimi vent'anni, il borgo è cambiato radicalmente a seguito delle demolizioni che hanno interessato le aree ex Eternit ed ex Bargero, portando a un significativo diradamento del costruito, e dell’attivazione di un Contratto di Quartiere culminato nella creazione del parco pubblico Eternot.
Tra il 2018 e il 2020, il complesso ex CAI è stato oggetto di una campagna di “demolizione selettiva” di edifici e strutture. Al suo interno le stratificazioni dovute a macchine, saperi, processi produttivi in divenire e, allo stesso tempo, al passaggio di generazioni di operai e dirigenti, si erano sedimentate nel tempo perdendo in leggibilità. La prima e più delicata fase di rigenerazione dell'area è stata quindi orientata a risalire il filo del tempo, districandolo. La “selezione” si è fondata su di un approfondito progetto di conoscenza, esito del più che decennale progetto di ricerca sulla locale industria dei leganti idraulici condotto dall’Associazione il Cemento nell’identità del Monferrato casalese in collaborazione con il Politecnico di Torino. L'attività di conoscenza degli edifici e dei beni conservati al loro interno, attraverso la loro analisi e catalogazione, è stata il primo passo, propedeutico a una trasformazione consapevole, all'elaborazione di un progetto di riuso compatibile.
La successiva campagna di demolizione è così divenuta, piuttosto che occasione per l'abbattimento indiscriminato di un patrimonio edilizio obsoleto in vista della sua sostituzione, uno strumento operativo finalizzato a restituire leggibilità a edifici, infrastrutture e impianti ritenuti di interesse storico-produttivo, architettonico e paesaggistico e, come tali, meritevoli di essere conservati e valorizzati.
Il complesso produttivo, delimitato da un “recinto industriale” che ne denuncia tuttora le varie fasi di ampliamento e trasformazione, era costituito, in origine, da vari corpi di fabbrica che, nel tempo, avevano intasato buona parte della superficie del lotto: una palazzina uffici, un’abitazione e servizi vari per gli operai, un reparto cottura, due reparti macinazione, un mulino, una centralina elettrica di trasformazione, un’officina meccanica, un reparto insacco del prodotto finito, un deposito materie prime e diversi magazzini. A seguito degli interventi di demolizione vengono conservati, oltre a buona parte del muro di cinta, alla palazzina uffici (1905), all'abitazione degli operai (1890), alla centralina elettrica (1960), i forni di cottura e il deposito delle materie prime (1950), una struttura dalle dimensioni importanti che si presenta come un alto capannone dotato di carroponte sorretto da pilastri in calcestruzzo armato e copertura costituita da un sistema di capriate ad arco.
A questa fase di rilettura è seguita una fase progettuale mirata a ri-significare l'esistente dandogli una nuova vocazione, mettendo allo stesso tempo in valore il passato del sito, proponendo scelte in equilibrio fra la conservazione e l’innovazione sia in termini di intervento sul costruito che di programma funzionale alla base del business plan.
Il progetto architettonico e paesaggistico elaborato per l'area completa attraverso nuove edificazioni di piccole dimensioni e strategie di rinverdimento l’intervento di “demolizione selettiva”. Gli edifici conservati, oggetto di interventi di restauro, costituiscono il palinsesto che struttura il progetto di riuso del sito; il deposito delle materie prime e i forni si presentano come elementi in grado di caratterizzare l'area a riqualificazione completata, così come facevano in fase di produzione e di dismissione. Le parti di nuova costruzione, concepite con un linguaggio architettonico contemporaneo e comune, integrano gli edifici e legano idealmente le differenti zone funzionali. Alla conclusione delle opere, verrà consegnata al territorio un’area non più inutilizzata, dal costruito diradato e profondamente rinaturalizzata, che, integrata con l'antistante parco pubblico Eternot, rappresenterà una nuova, ecologica, porta di accesso alla città di Casale.
Il gruppo di progettazione, orientato da una committenza sensibile e consapevole disposta a rinunciare alla destinazione residenziale e commerciale prevista dagli strumenti urbanistici esplorando usi meno consolidati, ha delineato per l'area uno scenario di sviluppo in più fasi che potesse essere motore di sviluppo e vetrina per l'intero territorio del Monferrato casalese, valorizzandone in particolare la memoria legata all'industria del cemento. Il riuso con funzioni di ricettività extralberghiera innovativa del complesso – con un'ampia offerta che spazia dall'ospitalità in camere e camerate ad aree attrezzate per camper e tende, a case temporanee – integrando senza sovrapporsi l’offerta già presente, sarà occasione di sviluppo economico per la comunità, non solo attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro ma anche attraverso la promozione a livello turistico delle ricchezze del territorio locale, costituendo un ideale “campo base” per itinerari di scoperta, da percorrere preferibilmente in mobilità dolce. La CAI rigenerata si proporrà come un hub del turismo sostenibile anche grazie a una ricca dotazione di servizi – dal noleggio e-bike alla ciclofficina, dalla ristorazione alle aree dedicate al gioco e allo sport.
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Manuel Ramello/Alessandro Depaoli/Sarah Russo
Ottenuta l’autorizzazione paesaggistica per la trasformazione dell’area, sono attualmente in corso i cantieri dei singoli lotti funzionali; si prevede di aprire parte della nuova struttura ricettiva nell’estate del 2022.
Fabio Oggero
Nato a Torino si laurea in architettura presso la Facoltà Architettura di Torino. Si concentra sull’importanza della rappresentazione critica del manufatto architettonico e diviene fotografo di architettura e paesaggio. Attualmente realizza portfolii di architettura per una committenza essenzialmente progettuale. Il lavoro fotografico di Fabio Oggero si identifica nella ricerca iniziata dalla scuola di Dusseldorf espressa dal progetto americano dei New Topographics e – ancora prima – dalle esplorazioni della “nuova oggettività germanica” della Neue Sachlichkeit dei primi anni venti. Ispiratori della sua ricerca sono Gabriele Basilico, Andreas Gursky, Thomas Struth, Hélène Binet e Todd Hido. Collabora con Phos, centro per la cultura dell’immagine di Torino, partecipato a residenze di artista incentrate sull’analisi del paesaggio antropizzato.
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