Re 2000
Le "Reggiane" sono una storia tutta italiana, nata dalla passione e dall'inventiva del suo fondatore Romano Righi.
Nel 1942, erano forse le officine aeronautiche più moderne dell'Italia, attrezzate con macchinari costosi e perfetti, avevano maestranze abili, assidue, volonterose, guidate da tecnici sagaci e perseguivano temi d'avanguardia.
L'escalation del prestigio delle Reggiane ha inizio durante la I guerra mondiale, quando il ramo militare era l'unica fonte di espansione per le industrie di quel tempo.
Negli anni trenta grazie ai lauti guadagni delle forniture militari Righi collaborò con la Caproni le Officine furono tra le ditte impegnate nel massiccio ordine per i biplani trimotori da bombardamento della famiglia dei Caproni Ca.44, Ca.45 e Ca.46 (Ca.5 con la designazione del Regio Esercito).
Nel 1938 nasce il Reggiane Re 2000 "Falco" , fu un successo anche internazionale.
La fine di un ingegno all'italiana
Già tre giorni erano passati dal folgorante annuncio della caduta di Mussolini e della sua sostituzione con il Maresciallo Pietro Badoglio. Ben poche persone, a Reggio Emilia come nel resto dell’Italia, avevano prestato la giusta attenzione al messaggio che il vecchio Maresciallo, veterano di tutte le campagne italiane dalla Libia alla Grecia, aveva lanciato all’indomani del suo insediamento come Capo del Governo “…la guerra continua a fianco dell’alleato tedesco… gelosa custode delle sue tradizioni millenarie…”.
L’allora direttore amministrativo delle Reggiane Ferruccio Bellelli, commentando con alcuni suoi dipendenti la nuova situazione politica, consigliò loro di non lasciarsi andare a gesti inconsulti e di fare attenzione, perché i tedeschi e i fascisti rimanevano comunque padroni della situazione e non avrebbero consentito lo scatenarsi di tumulti e manifestazioni. Convinta che la parte del messaggio che assicurava la continuazione della guerra non fosse che un espediente per poter guadagnare il tempo necessario ad operare lo sganciamento dell’Italia dall’Asse e preparare l’inevitabile armistizio, la popolazione inscenò numerose manifestazioni a favore della pace in tutto il Paese. Quella mattina migliaia di operai delle Officine Meccaniche Reggiane , si presentarono regolarmente al lavoro nei vari reparti della fabbrica, ma quella non sarebbe stata un giornata regolata dalla ruotine come tutte le altre che l’avevano preceduta. Operai, tecnici, ed impiegati avevano una precisa idea in mente: quella di lasciare lo stabilimento e sfilare per le vie cittadine chiedendo la fine della guerra. Iniziò un piccolo ma risolto gruppo di operai che lasciarono il loro reparto decisi a manifestare nonostante il divieto della direzione e le nuove severissime norme sull’ordine pubblico emanate dal Governo Badoglio che autorizzavano l’esercito e le forze di polizia ad aprire il fuoco senza preavviso contro ogni assembramento di persone superiore alle tre unità. In pochi istanti si sparse per tutta la fabbrica la voce che alcuni operai avevano lasciato le officine e si apprestavano a varcare i cancelli della fabbrica. Ad essi si unirono immediatamente altri dipendenti delle Reggiane ed il piccolo gruppetto iniziale divenne ben presto un una nutrita rappresentanza fino a comprendere forse cinquemila uomini e donne che si presentarono all’uscita inneggiando alla pace e innalzando bandiere tricolori e ritratti di Vittorio Emanuele III. Le testimonianze di chi era presente all’eccidio non hanno consentito di chiarire definitivamente chi furono i primi ad aprire il fuoco: se le guardie giurate della fabbrica o un plotone di bersaglieri in servizio di ordine pubblico. Chiunque sia stato il primo a sparare contro persone disarmate e pacifiche non cambia certo il risultato di quella tragica sparatoria che è tristemente noto: nove operai, fra i quali una donna incinta, rimasero uccisi.
Maura Catellani
Nata a Reggio Emilia nel 1976 Laureata in Ingegneria Ambientale.
La passione per la fotografia nasce nel 2009 frequentando un corso di fotografia organizzato dall’associazione ReFoto alla quale sono iscritta.
Nel 2011 partecipo con una mostra personale al Circuito Off di Fotografia Europea e sempre quest’anno espongo per una collettiva alla galleria “Torno Subito” di Reggio Emilia.
Il mio lavoro mi porta principalmente nelle aree artigianali e produttive della pianura in cui si scontrano le realtà produttive con il degrado e l’abbandono.
Questo progetto vuole essere un viaggio nel passato, attraverso una ricerca di quei luoghi che fanno parte della nostra storia , diventando parte attiva del luogo con una visione “chiarista”, che tutto lava e idealizza accompagno senza la solita tristezza che ha caratterizzato questo tipo di reportage ed esula dalla mera descrizione.