Si è concluso il 19 gennaio 2021 il Cantiere della rigenerazione urbana, il percorso formativo promosso da Assolombarda, Confcooperative Lombardia e Legacoop Lombardia, con il patrocinio di Città Metropolitana di Milano, che ha visto oltre 300 persone assistere alle lezioni frontali e circa 30 partecipanti al laboratorio.
Durante il laboratorio di gioco-simulazione, tre differenti squadre - composte da soggetti del mondo economico e dell’impresa, della progettazione, dell’abitare, della pubblica amministrazione e dei servizi - sono state messe in competizione per la rigenerazione di un caso studio reale: un'ex area industriale dismessa nella città di Bergamo, mascherata con nomi di invenzione nel laboratorio e svelata alla fine del percorso.
Alle squadre è stato chiesto di elaborare in quattro pomeriggi di lavoro in digitale una strategia di riattivazione dell’area capace di integrare gli interessi pubblici dell’amministrazione con quelli privati del mondo economico, sperimentando i contenuti delle lezioni del Cantiere della rigenerazione urbana e integrando le competenze multidisciplinari presenti in ogni gruppo.
A valle del percorso abbiamo invitato i promotori a condividere una riflessione sulle principali lezioni apprese.
- Quali sono i principali valori che il percorso formativo ha saputo generare per le vostre organizzazioni?
Assolombarda ha confermato che il Cantiere della rigenerazione urbana “ha permesso alle imprese che hanno partecipato di riconoscere l’importanza di un vocabolario comune per poter dialogare, seppure nella diversità dei ruoli e delle competenze, tra di loro e con le pubbliche amministrazioni”. Per l’associazione, inoltre, “il percorso ha permesso di mettere a fattor comune alcune competenze tecniche che tradizionalmente sono relegate nell’ambito di lavoro degli specialisti e quindi poco integrate nei processi (gestione acque, cambiamenti climatici, bonifiche, qualità dell’abitare, servizi condivisi), e di introdurre a tecniche, approcci, strumenti innovativi, necessari per affrontare la sfida della rigenerazione”.
Per Legacoop Lombardia il percorso ha evidenziato la necessità di un approccio multidisciplinare al tema della rigenerazione per innescare vere e proprie evoluzioni virtuose per tutto il territorio e le comunità che lo ‘abitano’: “i temi della progettazione dei servizi (all’abitare ma non solo), dell’impatto ambientale, dei trasporti e dei collegamenti (all’interno del territorio oggetto di rigenerazione, ma anche la connessione con lo spazio circostante) sono stati trattati sempre con un approccio rivolto all’innovazione e alla sostenibilità economica, sociale ed ambientale: sono questi i paradigmi che devono guidare in ogni progettazione finalizzata alla rigenerazione urbana”.
“Questa esperienza ha consentito di mettere in luce la complessità del processo rigenerativo – spiega Confcooperative Lombardia - e quindi la necessità di consolidare e condividere competenze per attivare relazioni tra le realtà provenienti da esperienze differenti aventi tutte i medesimi obiettivi. La rigenerazione urbana passa attraverso molteplici aspetti, non solo quello architettonico e qualitativo del fabbricato ma, forse soprattutto, attraverso la riqualificazione di un territorio sotto il profilo sociale e ambientale con il coinvolgimento trasversale di più operatori del processo rigenerativo e delle realtà territoriali”.
- Pensate sia utile dare continuità al percorso intrapreso?
Tutti i protagonisti del Cantiere hanno espresso la necessità di dare continuità al percorso intrapreso. “Bisogna far sapere alle amministrazioni che sono alla ricerca di idee e progetti per rigenerare porzioni di città la grande disponibilità di competenze” spiega Assolombarda. “Può essere un nuovo approccio per costruire i bandi volti alla rigenerazione di casi reali, anche in considerazione dei finanziamenti che su questi temi le istituzioni stanno mettendo a disposizione, così come per strutturare percorsi formativi di aggiornamento professionale”.
Anche per Legacoop Lombardia occorre trovare il modo di non disperdere questa ricchezza, “individuando percorsi che coinvolgano ancora maggiormente la Pubblica Amministrazione, regista dei processi di trasformazione, anche cogliendo l’occasione di un confronto concreto che potrebbe portare a percorsi strutturati di coprogettazione pubblico/privato”. “Il percorso formativo e laboratoriale – specifica la Legacoop lombarda - ha messo in campo competenze rilevanti unite a una non scontata disponibilità da parte dei partecipanti al dialogo, all’ascolto e al confronto con soggetti provenienti da mondi economici ed imprenditoriali differenti che, in qualche caso, ha portato anche alla messa in discussione delle certezze con cui ognuno di noi si era ‘seduto al tavolo’..
Confcooperative Lombardia ritiene utile “approfondire quanto emerso e dare seguito alle reti che si sono create, a partire dai soggetti promotori, sia da un punto di vista operativo che come luogo di approfondimento e proposta politica. Sarebbe infine auspicabile prevedere anche di ‘incontrare’ i territori rigenerati attraverso un confronto con gli attori protagonisti del processo per fare emergere le problematiche reali e i punti di forza del costruire un percorso di rigenerazione”.
- Quali sono le principali competenze che mancano alle città per rigenerarsi?
Alla luce delle tematiche trattate durante il Cantiere, da Assolombarda sono arrivate 3 parole chiave che ben identificano le principali competenze che mancano alle città per rigenerarsi: “Riconoscere la complessità: coinvolgere tutte le competenze nei processi di rigenerazione a partire dall’inizio, promuovere il coinvolgimento attivo dei soggetti sociali presenti nel contesto e dei destinatari dell’intervento. Realismo: riconoscere le diverse potenzialità e tempistiche delle aree da rigenerare. Specificità dei territori: strumenti e regole devono potersi adattare ai diversi contesti urbani”.
Per Legacoop Lombardia le competenze da mettere in campo sono di analisi e di visione: “i territori non possono essere frequentemente oggetto di rigenerazione urbana, occorre che i processi di trasformazione siano basati sulla conoscenza dettagliata dello stato di partenza ma anche accompagnati da abilità predittive, da elaborare sulla base di modelli il più possibile a base scientifica, uniti ad una capacità di immaginazione ed anche di sogno”.
Sull’approccio di visione concorda anche Confcooperative Lombardia: “Rigenerare, in questo contesto, vuol dire esaminare e conoscere il territorio nella sua complessità con il coinvolgimento di molteplici attori affinché la rigenerazione si verifichi concretamente dando risposte ai molteplici bisogni (abitare di qualità, animazione sociale, riqualificazione urbanistico/ambientale). Manca in sostanza una cultura alla coprogettazione per la costruzione di reti territoriali”.
- Alla squadra vincitrice, è stato donato in premio “A chi serve la città”, il libro di Marina Dragotto, storica direttrice Audis. Secondo voi, A chi serve la città?
“A chi serve la città? È un quesito molto attuale – spiega Assolombarda - La città serve ancora alle imprese: anche nell’epoca dello smart working, la città continuerà ad accorciare i tempi e gli spazi delle relazioni. Nella città le imprese trovano una piattaforma per la propria crescita: servizi, clienti, fornitori, talenti. Dunque, non solo la città serve ai soggetti che la popolano, come le imprese, ma allo stesso tempo è fatta da questi stessi soggetti, dalle relazioni che questi intessono”.
"La città serve a tutti i soggetti che la vivono siano essi individuali, collettivi, pubblici, privati ed anche economici – conferma Legacoop Lombardia - così come tutti i soggetti che la vivono servono alla città per il suo sviluppo anche e soprattutto in ottica sostenibile. Si pone il tema della governance delle relazioni tra questi soggetti e tra questi soggetti e la città, governance che non può che essere ‘politica’. La politica per prima, ponendosi in ascolto anche dei corpi intermedi e comunque delle comunità, deve provare a dare una risposta ad una domanda così cruciale".
“La città serve a chi è disposto a viverla cogliendone le opportunità avendo sempre presente le difficoltà e le sfide che essa pone” ha concluso Confcooperative Lombardia.
Per valutare in che termini la sperimentazione laboratoriale, che ha visto le squadre misurarsi sulla rigenerazione di un’area dismessa del Comune di Bergamo, possa dialogare con la realtà, abbiamo voluto raccogliere il punto di vista dell’arch. Domenico Leo, Dirigente all’urbanistica del Comune di Bergamo.
• Rispetto al percorso di pianificazione avviato con il Piano di Governo del Territorio, sareste interessati a sperimentare percorsi di co-progettazione nella realtà, anche su altre aree, per innescare processi virtuosi sugli ambiti di rigenerazione?
La sperimentazione di percorsi di co-progettazione, che ritengo assuma un’accezione positiva, ha necessità di un corretto inquadramento all’interno di un percorso che va dalla concezione delle strategie generali finalizzate a favorire la rigenerazione, alla loro traduzione in un corpo normativo sino alla progettazione attuativa di maggior dettaglio. Il tutto legato ad una necessità di speditezza procedimentale necessaria per restituire al territorio dei prodotti in tempi compatibili con l’attività di trasformazione.
Altra necessità di inquadramento è rappresentata dal valore che si vuol dare ai risultati della co-progettazione.
Per dare una prima risposta alle necessità di cui sopra, considerato che stiamo valutando di inserire all’interno delle norme, per le aree di rigenerazione di particolare importanza, la necessità di un concorso di idee, la co-progettazione proposta potrebbe ricadere in questo ambito come elemento preliminare o di successivo paragone a livello di orientamento, utile al Comune per valutare le proposte progettuali che dovessero risultare dalla procedura concorsuale. Da un punto di vista temporale è un lavoro che potrebbe essere utile svolgere tra la conclusione del progetto di PGT e l’attivazione dei concorsi.
• Quali competenze vi sembra importante sviluppare all’interno dell’amministrazione affinché il confronto con le imprese possa produrre valori collettivi e interessi pubblici e privati insieme?
Fermo restando la necessità di una maggior conoscenza dei temi urbanistici in senso progettuale e non formale, quest’ultimo legato al procedimento ed al rispetto delle regole, una debolezza che scontano le Amministrazioni pubbliche è la mancanza di figure professionali che abbiano una capacità di valutare o sviluppare autonomamente dei quadri finanziari legati alle singole trasformazioni per capire quanto le proposte degli operatori siano maggiormente compatibili con i luoghi e gli obiettivi urbanistici sottesi. Questo significa, non solo sviluppare Piani economico-finanziari che nella loro stesura possono essere anche relativamente semplici, ma significa soprattutto avere una buona conoscenza del mercato immobiliare e delle logiche ad esso sottese oltre che dei reali costi delle opere.
Il corso è stato ideato da Marina Dragotto. Hanno accompagnato le squadre tre esperti di co-progettazione, Dario Domante (KCity), Roberto Malvezzi (AUDIS) ed Elena Farnè (AUDIS), prestato consulenze specifiche Alberto Bartoli (Ingegneri Riuniti spa), Paolo Mauri (ambiente spa), Marco Marcatili (Nomisma) e Luisa Ravanello (ARPAE).
Alla costruzione del caso e all’organizzazione del laboratorio hanno lavorato Elena Farnè, Paola Capriotti e Chiara De Grandi.